Ma che aspettate a battergli le mani: omaggio a Dario Fo

«Ma che aspettate a battergli le mani»

 

di Federico Amico, coordinatore nazionale Arci Diritti e buone pratiche culturali, educazione popolare

Dario Fo ci ha lasciati. Un gigante della cultura italiana e dell’impegno civile che lascia un vuoto incolmabile. Il suo teatro, fondato sulle tradizioni antiche della commedia dell’arte, ha rappresentato un’operazione culturale di grande rilievo mondiale e non solo italiana. Il premio Nobel ricevuto nel 1997 lo ha dimostrato «perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi», si legge nelle motivazioni. Dagli esordi televisivi come interprete à la Jacques Tati, fino all’apoteosi del Mistero Buffo col grammelot ha aggiornato, sapendo utilizzare anche i mezzi di comunicazione contemporanei, la cultura popolare, animata da una formidabile irriverenza, mai arresa al futuro.
Espulso, censurato, messo all’indice, insomma un dito nell’occhio (per usare un titolo di uno dei suoi primi spettacoli del 1953) per molti, si è proposto sempre come un ‘irregolare’ della cultura.
Noi dell’Arci ci uniamo al dolore di tutte e tutti per la sua scomparsa e lo ricordiamo con particolare affetto anche per la generosità con cui ha partecipato e dato il suo impagabile contributo a tante iniziative culturali della nostra associazione, oltre che alla comune battaglia per una cultura diversa in un paese solidale.
Scrive Corrado Augias su L’Espresso nel 1969: «Scartati il teatro ufficiale, con i suoi consunti velluti rossi, e le cantine dell’avanguardia, cenacoli aristocratici per élite smaliziate, Dario Fo, Franca Rame e i loro attori si sono affidati invece all’Arci […] che dispone di decine di sale qua e là per l’Italia (120 quelle messe a disposizione di Nuova Scena)».

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È infatti all’inizio del ’68 che Dario Fo, in sintonia con l’Arci di Milano (il cui presidente è il discografico e agitatore culturale Nanni Ricordi), concerta con la direzione nazionale dell’Arci la costituzione del Circuito Teatrale Alternativo, che pur nella sua breve esperienza (si chiude nel 1972) conta comunque 350 rappresentazioni, 70.000 abbonamenti, 200.000 presenze. È il periodo della tournée di Mistero Buffo, forse la sua opera maggiormente conosciuta, e che in diverse piazze (Pordenone, Modena, Reggio Emilia tra le altre) viene spesso funestata dalla repressione di polizia e che proprio grazie all’Arci riesce comunque a essere rappresentata nei teatri e nelle sale.
Le sue opere di satira politica, sempre in coppia con Franca Rame, hanno aiutato intere generazioni a formarsi una conoscenza del mondo contemporaneo. Una vita di impegno culturale e politico controcorrente, in polemica aperta contro il conformismo delle istituzioni culturali italiane. Non c’è stata manifestazione o iniziativa culturale organizzati dal mondo dell’associazionismo cui non abbia risposto con generosità ed entusiasmo, ancora fino a ieri, con noi a incontri, dibattiti, approfondimenti.

Lo vogliamo salutare con un enorme applauso e con i suoi stessi versi:

«Ma che aspettate a batterci le mani, / a metter le bandiere sul balcone? / Sono arrivati i re dei ciarlatani, / i veri guitti sopra un carrozzone.
Venite tutti in piazza fra due ore, / vi riempirete gli occhi di parole, / la gola di sospiri per amore / e il cuor farà seimila capriole.
Napoleone primo andava matto per ‘sto dramma / e ogni sera con la sua mamma / ci veniva ad ascoltar.
Napoleon di Francia piange ancora e si dispera / da quel dí che verso sera / ce ne andammo senza recitar».

Grazie Dario!
ArciReport numero 32, 13 ottobre 2016

 

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