No Triv: il 17 aprile andiamo tutti a votare e votiamo Sì
Il referendum del 17 aprile rappresenta il punto di arrivo di centinaia di vertenze e lotte che hanno coinvolto i territori oggetto di sfruttamento per produzione di idrocarburi, negli ultimi dieci anni.
Si può dire che tutto inizia in Abruzzo nel 2006, nel paesino di Tollo in provincia di Chieti, dove proprio al centro di vigneti e oliveti l’ENI voleva installare una raffineria gemella di quella tristemente famosa di Vigiano in Basilicata. Da quel momento è iniziata un’attività di resistenza fatta di studio e coinvolgimento delle popolazioni e degli enti locali da parte di comitati cittadini spontanei con il supporto tecnico delle associazioni storiche nazionali, Arci, Legambiente, Wwf, Greenpeace, Italia Nostra e altre.
C’è stata una costante attività di autoformazione su una materia sconosciuta per tanti, si è scoperto come per anni le compagnie petrolifere avessero imperversato in assenza totale di controllo spesso anche contravvenendo alle poche regole vigenti.
Da questo percorso di formazione sono scaturite centinaia di osservazioni tecniche alle richieste di concessioni, che spesso le hanno bloccate. L’allora ministra Prestigiacomo, sotto la pressione popolare e durante il disastro ambientale del Golfo del Messico, fu costretta a varare nel 2010 un decreto che vietava le trivellazioni entro le 5 miglia dalla costa, 12 miglia nel caso di aree protette. Questo provvedimento bloccò diverse richieste di esplorazione e trivellazioni, perché fino ad allora non ci si era mai posto il problema delle estrazioni degli idrocarburi. Proprio per salvare i petrolieri penalizzati da quel decreto, nel 2012 il ministro Passera partorì il famoso art. 35, che estendeva le 12 miglia a tutte le estrazioni, ma faceva salve tutte le richieste pervenute al Ministero prima del Decreto Prestigiacomo, recuperando così gran parte dei progetti che erano stati bloccati grazie all’azione costante e incisiva dei movimenti che ormai si erano sviluppati su tutto il territorio nazionale.
È in questo quadro che sono nate le richieste di referendum. Come si sa, dei sei quesiti ne è sopravvissuto solo uno dopo il provvedimento governativo che è riuscito a vanificare gli altri 5 per evitare il giudizio popolare. Il quesito su cui andremo a votare ha però un alto valore simbolico. Infatti si chiede «può una compagnia petrolifera avere a vita la concessione per trivellare in mare o a questa concessione poniamo un limite?». È una questione che riguarda il concetto stesso di difesa dei beni comuni, e anche per questo al referendum bisogna andare a votare e votare Sì. Per la a prima volta i cittadini possono, attraverso il voto referendario, far pesare il proprio parere sulle scelte energetiche del Governo, ancora tutte incentrate sugli idrocarburi e assolutamente non in linea con le ultime decisioni della COP 21 di Parigi.
Bisogna raggiungere il quorum anche per difendere l’istituto referendario in sé.
L’Arci può e deve fare la sua parte, la sua capillare diffusione sul territorio può essere determinate per raggiungere il quorum.
Per questo voglio invitare tutti i comitati territoriali e i circoli ad aderire ai Comitati referendari del proprio territorio e a contribuire affinché le lotte dei comitati di questi ultimi dieci anni non vengano vanificate dal non raggiungimento del quorum.
(articolo di Lino Salvatorelli, commissione Ambiente e stili di vita)